Il progetto

Nella tarda primavera del 1922, durante i lavori per le opere di bonifica degli ambienti lagunari del delta del Po (chiamati localmente “valli”) presso Comacchio (Ferrara), vennero inaspettatamente in luce le prime sepolture della città etrusca di Spina, per lungo tempo cercata invano da studiosi ed eruditi. Divenne così reale la vicenda, fino ad allora mitica, dell’importante città dell’Adriatico, echeggiata dai rapporti intessuti con la grande Atene del V sec. a.C. e con il santuario di Delfi, luogo di massima autorappresentazione della grecità.

In occasione della ricorrenza dei cento anni dalla scoperta delle necropoli spinetiche, il Ministero della Cultura, per il tramite della Direzione generale Musei, ha istituito un Comitato promotore delle celebrazioni dell’anniversario, che si articoleranno in diverse iniziative scientifiche e divulgative, coordinate dalla Direzione generale Musei in collaborazione con le articolazioni territoriali del Mic, ovvero la Direzione regionale Musei Emilia Romagna e la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, con le amministrazioni locali, ovvero il Comune di Comacchio, il Comune di Ferrara e Regione Emilia Romagna, e le Università nazionali e internazionali che da anni effettuano ricerche e scavi sull’insediamento antico: l’Università di Bologna, l’Università di Ferrara e l’Università di Zurigo.

Distribuite nel corso dell’anno e sul territorio nazionale, le attività hanno preso avvio con la mostra “Spina 100: dal mito alla scoperta”, inaugurata il 1° giugno 2022 nella sede di Palazzo Bellini a Comacchio.

A metà dicembre, presso la sede del Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, sarà inaugurata la mostra “Spina etrusca. Un grande porto del Mediterraneo”, che si trasferirà nel 2023 a Roma, presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

Nel frattempo, un nutrito programma di incontri e conferenze dedicate alla storia e all’archeologia di Spina è in calendario sia a Comacchio, che a Ferrara, con significativi appuntamenti anche al di fuori del territorio regionale.

L’insieme dei progetti punta a raccontare la rilevanza della scoperta archeologica nelle sue molteplici ricadute, dalla storia della disciplina all’importanza del patrimonio archeologico e vascolare portato in luce in questi cent’anni di ricerche, dai fenomeni di dispersione dei contesti in molteplici musei del mondo alle radicali e continue trasformazioni del paesaggio lagunare, concentrandosi in particolare sull’insediamento di Spina quale luogo fondamentale di connettività a livello mediterraneo.

Spina etrusca: il contesto antico e i luoghi attuali

Le fonti letterarie e i racconti mitici rivelano come, per i Greci, Spina dovesse rappresentare l’accogliente delta di un favoloso fiume, asse di penetrazione nella pianura padana e verso le terre d’Oltralpe, testa di ponte della potenza etrusca in Adriatico e porta d’ingresso della grecità in Occidente, in cui localizzare il mito di Fetonte e delle sorelle Elettridi, ma anche quello di Icaro e Dedalo, nonché molte delle imprese di Eracle.

Gli studi sui materiali, avviati all’indomani delle prime scoperte, sono andati via via tracciando la vicenda storica di Spina e la consistenza dei suoi commerci (dalla fine del VI al III sec. a.C.), mentre gli scavi e le ricerche degli ultimi decenni stanno iniziando a disegnare, per linee generali, gli spazi fisici e le peculiari caratteristiche del sito.

Il luogo che i fondatori scelsero per impiantare la città di Spina, intorno al 530/20 a.C., era un paesaggio lagunare, sbarrato verso il mare da cordoni litoranei, nel quale furono costruite le più antiche case su bonifiche di fascine e sostenute da pali. Il sito dell’abitato, individuato negli anni ’60 e indagato anche in anni recenti, si trova infatti ai margini del dosso del paleoalveo dello Spinete, in un ambiente in costante evoluzione.
Nel giro di pochi decenni dalla fondazione, l’impianto abitativo dovette evolversi verso un insediamento su bonifica, delimitato da canali e caratterizzato da palificate e colmate. Nella fase di massima espansione della città, fra pieno V e IV sec. a.C., le strutture abitative, talora poggianti su grandi pali squadrati, appaiono totalmente costruite in ambiente subaereo.

Si delineano così le caratteristiche di un insediamento, dell’estensione di circa 6 ettari, scelto e progettato per la massima accessibilità, favorita dal corso naturale dello Spinete verso est e potenziata dall’imponente opera idraulica di un canale artificiale a ovest. Lo schema urbano è dunque caratterizzato da isolati regolari, scanditi al centro dal grande corso d’acqua artificiale, e canali minori ad esso ortogonali.

Il quadro è coerente con l’identificazione di un centro portuale, con case, magazzini e impianti produttivi capaci di accogliere le merci e stoccarle in attesa della loro redistribuzione sul territorio o del loro trasferimento sulle navi ateniesi, in un contesto che ben evidenzia la costante preoccupazione di bonificare il terreno conteso all’acqua.

Chi cerchi oggi di scorgere un appiglio alle reminiscenze letterarie in quel leggero dosso allungato di breve ampiezza, identificato come una delle parti dell’abitato di Spina, prova con tutta probabilità una sensazione di straniamento: è scomparso il canale artificiale, risulta ormai fossile l’alveo dello Spinete che lambiva la città ed è irraggiungibile alla vista la linea di costa che gli Spineti avranno intravisto da lontano, traguardando i dossi delle loro necropoli.
Proprio su quei rilievi sabbiosi, che costituivano la parte più rilevata dei cordoni litoranei di fronte alla città, coincidenti con il micro rilievo dell’antico paesaggio deltizio di epoca etrusca, gli Spineti trovarono ricovero per i loro defunti da inizi V alla fine del III secolo a.C.

Le tombe di Valle Trebba a Nord e quelle di Valle Pega a Sud di fatto costituiscono un unico grande sepolcreto di oltre quattromila sepolture, dove gli Spineti per circa dieci generazioni seppellirono i loro morti.

Molto frequentemente era presente la cassa lignea, destinata ad accogliere sia inumati che cremati, accompagnati da corredi che per la massima parte, soprattutto nel periodo più antico, si compongono dei vasi da simposio, in un riferimento pressoché costante all’ideologia del banchetto nell’aldilà. 

Il ritrovamento di numerosi segnacoli tombali, più spesso costituiti da semplici ciottoli, evidenzia la volontà di esplicitare all’esterno la sepoltura. Gli studi più recenti, incentrati sulla dinamica di occupazione degli spazi nel tempo, sulla individuazione di segni distintivi sia all’esterno della tomba che nella selezione degli oggetti dei corredi, puntano a dare del sepolcreto una lettura anche in chiave di gerarchie sociali e di raggruppamenti familiari. 

Il commercio dovette infatti costituire l’occupazione principale e la maggiore fonte di ricchezza di questa città, dove convivevano con reciproco interesse le attività di Greci ed Etruschi. Il movimento commerciale a Spina si definisce grazie soprattutto alla straordinaria varietà e quantità dei suoi marcatori, che però dovevano costituire solo una ridotta parte dei traffici costituita soprattutto da materie deperibili. le migliaia di manufatti di importazione restituiti dalle necropoli ma anche dall’abitato, che ben si caratterizzano accanto alle produzioni locali. Assoluta appare nei corredi funerari di V sec. a.C., ma anche di inizi IV, la prevalenza dei prodotti attici, tanto che la città può essere ritenuta a buon diritto, per usare una definizione di Beazley “la più grande singola fonte di ceramica ateniese nel mondo greco o grecizzato”.

È un flusso che, senza soluzione di continuità, inizia attorno al 530/20 a.C., come attestano le più antiche testimonianze dall’abitato, ha una punta di massima espansione attorno ai decenni centrali del V sec. a.C., per poi esaurirsi con gli ultimi decenni del IV. 

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Tutti i materiali provenienti dall’antica Spina, sia gli straordinari corredi delle necropoli, sia i reperti dell’area di abitato, sono oggi conservati presso due diversi musei, lo storico Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, inaugurato nel 1935 ed espressamente nato per ospitare le testimonianze dell’antica città, e il Museo civico Delta Antico di Comacchio, di recente istituzione, nel quale le testimonianze di Spina si compongono accanto ai documenti dell’intera storia del territorio deltizio.

Valli di Comacchio. Foto Valentina Tomasi