Spinatellers

DAL PRODUTTORE AL CONSUMATORE

 

Kylix attica a figure rosse

Attorno al 450 a.C.

Tomba 466, Valle Trebba

Pittore Angoloso (inv. no. 22674).

 

L’oggetto di questa settimana ha un nome noto e un utilizzo ancora più conosciuto. Kylix il suo nome, coppa per bere la sua funzione. A differenza della violenza rappresentata sull’ultima kylix, la scena presente su questo oggetto è molto più rilassata e… seducente. Cinque persone sono sdraiate sulle loro klinai, vestite con degli himatia – un antico capo di abbigliamento, simile a un mantello – e ciascuna regge in mano un recipiente per bere. In realtà si presume che stiano bevendo, poiché potrebbero star giocando a kottabos, un gioco che consiste nel lanciare il vino contro un bersaglio. Riflettendoci, se si pensa al moderno gioco adolescenziale del birra-pong (dall’inglese beer-pong), nel quale si deve lanciare una palla e centrare i bicchieri pieni di alcool, quest’antica usanza non sembra più così distante, vero?  A dirla tutta, il kottabos non era solamente un gioco per intrattenersi; l’esito dei lanci era considerato un presagio positivo o negativo circa la vita sentimentale del giocatore. Infine, tre ragazzi barbuti rimangono in piedi a fianco dei commensali. Il consumo collettivo di vino è un motivo iconografico tipico del periodo greco arcaico e classico; si pensi che il cratere a colonna rinvenuto assieme alla nostra kylix recava lo stesso soggetto.

Ma lasciando da parte le ovvie somiglianze, quali informazioni possiamo ricavare da questi oggetti? I vasi provengono dalla tomba 466 della necropoli di Valle Trebba; la kylix è attribuita dagli studiosi al cosiddetto Pittore Angoloso ed è databile attorno la metà del V secolo a.C. Entrambi i recipienti sono legati al simposio greco, durante il quale venivano servite bevande e si discuteva spesso di argomenti che si rifacevano alle storie raffigurate su questi oggetti. Difatti, la parola simposio deriva dalle parole “σὺν “+ “πόσις”, che si possono tradurre come “bere insieme”. Questo particolare costume greco fu adottato dagli Etruschi, sebbene con alcuni aggiustamenti. Allo stato attuale della ricerca, non conosciamo la parola che gli Etruschi usavano per riferirsi a esso. Come è facilmente intuibile, i simposi greci ruotavano soprattutto attorno al bere, mentre gli Etruschi durante questi incontri mangiavano e bevevano. Nel primo caso, le donne erano escluse dal simposio, mentre presso gli Etruschi era ammessa la loro presenza. Tuttavia, in entrambe le occasioni, gli uomini di ceto aristocratico utilizzavano questi incontri per sfoggiare la propria ricchezza.

Ma come ha fatto un vaso, realizzato da un artista greco, a finire in un sito etrusco? L’artista come è riuscito a diffondere la sua arte? Mentre dipingeva, che cosa aveva in mente? La sua intenzione era quella di vendere l’oggetto a una non meglio definita clientela greca, o intendeva rivolgersi specificatamente a clienti etruschi?

Il modo in cui gli Etruschi di Spina acquistavano le merci da Atene, per alcuni aspetti non si differenzia molto da come siamo abituati a fare al giorno d’oggi. Una serie di oggetti, non esattamente di prima necessità, riscuote molto successo – e a giudicare dalla quantità di vasi greci trovati nelle tombe di Spina, gli Etruschi li amavano davvero molto! – la domanda così aumenta e il vasaio nella sua bottega ad Atene inizia a pensare di produrre questi oggetti in gran quantità e non su singola commissione. Il prodotto viaggia e arriva molto lontano da dove è stato prodotto, ai confini dell’orbita greca in Italia, per essere venduto a un’altra popolazione, che continua a chiederne di più. Movimentazione di persone e di merci, investimento economico e umano nel far viaggiare le navi a grandi distanze… Vi ricorda qualcosa? Rispetto all’antico c’è da dire che tutta la movimentazione di queste merci non creava i problemi legati all’inquinamento ambientale, alla depauperazione delle materie prime e alla perdita della biodiversità di cui stiamo affrontando ora le conseguenze, ma è interessante vedere come su una piccola scala, i semi di questo processo fossero in atto da prima di quanto saremmo portati a pensare.

È interessante cercare dei punti di contatto tra passato e presente, non trovate? Ciò che è ancora più affascinante è come un singolo oggetto possa dare così tanti spunti di riflessione. Tornando al soggetto rappresentato sulla nostra cara kylix, i simposi erano eventi a metà strada tra le nostre moderne riunioni con la famiglia e gli amici ed evento mondano. Facendo un altro passo avanti, sono proprio queste le occasioni in cui si vuole presentare la migliore immagine di se stessi e della propria casa, se non addirittura il proprio status economico e sociale. D’altra parte, diversamente da quanto accade oggi, il vino veniva diluito con acqua, per evitare episodi di ubriachezza estrema. A dire il vero, bere vino puro era considerato qualcosa che solamente un “barbaro” avrebbe fatto, più o meno la stessa reazione che avremmo oggi nel vedere qualcuno mettere del ghiaccio in un bicchiere di vino!

Nel mondo etrusco il vino era legato anche a pratiche religiose, come la celebrazione degli dei e le cerimonie funebri. Riflettendoci, in parte il vino ha ancora una dimensione religiosa, considerando come alcune religioni moderne gli attribuiscano un significato, sebbene diverso. Passando a un altro aspetto, la concezione del vino come simbolo di status sociale e ricchezza che avevano gli Etruschi è diversa oggigiorno? Al di là della qualità, il vino è solitamente un prodotto accessibile, pertanto non è un indicatore univoco di ricchezza. D’altro canto, non è inconsueto per i più ricchi possedere una vigna e produrre il proprio vino, rafforzando in questo modo il proprio status sociale. Queste sono solo alcune riflessioni, ma chi lo sa, forse le differenze non sono poi così marcate.

Qualunque sia la verità, pare indubbio che l’apprezzamento per il vino sia un elemento rimasto invariato nei secoli. Che ne pensate? Fateci sapere quale messaggio avete colto dalla visita alla mostra!